De bello gallico

Il grande Caio Giulio Cesare, colui che sancì la fine della res pubblica romana e diede inizio all’età imperiale anche se in realtà lui non fu mai nominato imperatore.

In questo splendido libro autobiografico, Cesare racconta la conquista della Gallia, parlando di se in terza persona. Esalta le sue gesta e racconta (dal suo punto di vista) lo svolgimento dei fatti. D’altronde si sa che la storia la scrivono sempre i vincitori.

Io l’ho letto due volte e sfogliato in tante occasioni, tant’è vero che possiedo sia la copia cartacea che quella ebook. È una fonte storica preziosa perché vengono descritte nel dettaglio tattiche di attacco e di difesa dell’esercito romano, come venivano costruiti i ponti, esemplare il ponte costruito sul Danubio la cui realizzazione lasciò sgomenti i Germani. Come assediare una città cingendola con una doppia fortificazione. Cosa che avvenne nello scontro finale con Vercingetorice attestato nella città di Alesa.

La sua grande capacità di motivare le sue legioni, i suoi sottoposti e i semplici legionari.

Un libro pieno di vicende che esaltano la grande personalità e le qualità di condottiero e politico di Giulio Cesare che sapeva come farsi amare dal popolo. Sempre generoso a quasi mai cruento, tendeva sempre a perdonare, nei limiti del possibile, i popoli che si ribellavano, e una volta sconfitti non si accanita mai nei loro confronti a meno che non ci fosse una recidiva condotta ribelle. Per un appassionato di storia Romana è il santo graal.

Ariovisto chiese che Cesare non si recasse al colloquio scortato dalla fanteria, perchè temeva che gli venisse tesa una trappola: ambedue vi si sarebbero recati accompagnati dalla sola cavalleria gallica. Stabilì dunque che la cosa più conveniente sarebbe stata quella di sostituire i cavalieri gallici con i legionari della X Legione, che avevano tutta la sua fiducia, facendoli montare a cavallo. 
Mentre si svolgeva l’operazione, un soldato della X Legione, se ne uscì con una battuta di spirito, dicendo che Cesare stava facendo per loro molto di più di quanto aveva promesso: aveva detto che li avrebbe presi come sua coorte pretoria ed ora li passava addirittura nella classe dei cavalieri.

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