Le storie diventano belle se sono raccontate nel modo giusto. Appena iniziato a leggere questo libro mi sono sentito a mio agio, mi sono messo comodo e ho iniziato a divorare pagine dopo pagine. La storia dei popoli precolombiani mi ha sempre affascinato fin da quando appena adolescente ho avuto la fortuna ed il piacere di leggere le opere di William H. Prescott: La conquista del Messico e la conquista del Perù. Devo confessare che questo romanzo non ha tolto nulla a tali opere anzi ne ha arricchito il contenuto andando a ricamare trame e dialoghi impossibili da descrivere in opere storiche.
Una tecnica sublime dell’autore : Gary Jennings di far raccontare dal protagonista principale del romanzo usi, costumi, organizzazione statale, organizzazione sociale, struttura dell’esercito ecc. Del popolo Azteca.
Viene narrata in modo scorrevole e dettagliata, facendo uso del racconto sotto forma di romanzo storico, la conquista del Messico da parte di Hernán Cortés.
Il romanzo non perde mai il ritmo narrativo e si arriva alla fine della storia con una punta di rimpianto per ciò che si è perso e per ciò che si è creato. La cosiddetta civiltà, che plasma il tutto sotto la costante censura e violenza religiosa con la pretesa della conoscenza assoluta.
Un romanzo da leggere e un autore da scoprire.
“Anche il più eroico degli eroi che muoia per la più onorevole delle cause, anche il più devoto martire cristiano che perisca nella certezza di salire in Paradiso, non conosceranno mai più la carezza del chiaro di luna di questo mondo, variegato sul loro viso mentre passeggiano sotto i fruscianti cipressi terreni. Un piacere da nulla… così insignificante, così semplice, così comune… eppure impossibile a conoscersi ancora.”
(da “L’Azteco” di Gary Jennings)