Per chi è appassionato di storia o di letteratura, questo classico non può mancare nell’elenco dei libri letti.
Plutarco ripercorre in maniera pulita, senza fronzoli eccessivi la vita e le gesta di questi due grandi personaggi, da una parte Teseo, l’eroe che punta alla conquista della gloria, che si getta a capofitto in ogni impresa per una sua etica e per l’emulazione dell’eroe impavido (il suo idolo è Eracle). Affronta Tiranni, banditi, mostri senza alcun timore. Ma mentre nelle imprese è disinteressato, tutt’altra cosa sono i sentimenti. Non ci pensa due volte ad abbandonare Arianna che lo aveva aiutato nell’impresa di uccidere il Minotauro, dopo averla portata con se l’abbandona al suo destino. Ma gli dei non concedono nulla gratis, e sacrificano il padre Egeo. Che non vedendo il segnale convenzionato che assicurava che Teseo fosse vivo, si getta nel mare che prenderà il suo nome.
Romolo è un predestinato. Figlio del dio della guerra, anche se cresce in mezzo ai pastori, lui e suo fratello Remo sono dei capi nati, riescono a coinvolgere i loro giovani amici nella loro grande sogno: fondare una città che un giorno dominerà il mondo.
Ritrovano il nonno, uccidono lo zio e liberano la madre ma anche qui gli dei sono bramosi ed esigenti, suo fratello deve essere sacrificato. Romolo lo uccide per aver scavalcato il solco che sarebbe stato alla base delle mura di cinta della nuova città, che aveva giurato di proteggere da chiunque avesse osato scavalcarle.
Sono razziatori e guerrafondai, rapiscono le figlie dei Sabini (e ne fanno le proprie mogli) che per il torto subito gli dichiarano guerra. Si affrontano sul campo di battaglia e si ammazzano a vicenda fino a che le donne si gettano ai piedi dei mariti, dei padri e dei fratelli per scongiurare la strage.
Nasce un’alleanza che fortifica ROMA così verrà chiamata la citta fondata. Dopo altre peripezie Romolo sale in cielo e diventa a sua volta un Dio.
Leggetelo ve lo consiglio.
“Perciò erano entrambi in relazione di amicizia coi loro pari e coi loro inferiori, mentre disprezzavano i capi, i ministri del re e i guardiani del bestiame, in quanto non li consideravano superiori a loro e non temevano né le minacce né l’ira di quelli. [5] Si dedicavano a occupazioni ed esercizi liberali, ritenendo che non l’ozio e il non far niente fossero cose degne di uomini liberi, ma la palestra, la caccia, la corsa, la punizione dei ladri, la cattura dei malfattori, la difesa dalla violenza e dall’ingiustizia. Per questo essi godevano di grande fama.” (da “Teseo e Romolo” di Plutarco)